Altro dove, nessun quando

Prologo:

Sono ormai passati diversi giorni dall’incontro tra Keiros e gli avventurieri, e la notizia su ciò che è avvenuto ha iniziato a diffondersi tra la popolazione: la nascita di un demone dalla potenza inaudita, capace di sconfiggere un dio, assorbirne i poteri e controllare i suoi seguaci, una calamità che mette in pericolo l’intera Talsea. La popolazione sembra avere opinioni divergenti a riguardo: nonostante la storia sia avvalorata da persone di spicco, gran parte della popolazione è scettica, credendo poco plausibile che un dio sia apparso realmente in terra, e che si sia fatto sconfiggere da un demone apparso dal nulla. “Storielle da avventurieri, ne inventano di ogni pur di dar importanza alle loro azioni.”

Ciò che però è innegabile sono le numerose incursioni dei Cultisti del Primo Teschio, che aggrediscono i viaggiatori e attaccano gli accampamenti in tutta Talsea, in evidente ricerca di qualcosa di specifico. Uno dei punti cardine attaccati dai cultisti sono i depositi minerari e le miniere, prima fra tutte quelle di Mormorio, che dai primi giorni di Allegro hanno subito un rapido svuotamento dovuto alla fuga dei lavoratori, avvenuta in seguito ad un attacco dei cultisti che ne ha uccisi quattro. Mormorio e gli avventurieri a lavoro nelle miniere non sono purtroppo riusciti ad intervenire in tempo, in quanto erano di ritorno ad Oltrevalle.

La Delegazione Verde torna in città comunicando che una grossa compagine di cultisti sta cercando di risalire il Massiccio delle Zanne, sfruttando il territorio roccioso per nascondersi e assaltare a sorpresa esploratori ed estrattori di ferrite delle tribù. Una guerriglia di logoramento è in atto sui pendii più bassi del Massiccio. La milizia di Sannabidia è intervenuta in soccorso delle tribù, ma la loro scarsa conoscenza del territorio li sta mettendo in difficoltà.

Di comune accordo tutte le città talseane proclamano lo stato d’allerta generale, e procedono a chiudere le porte delle città, imponendo strettissimi controlli a chiunque faccia richiesta di entrare o uscire. I senatori di Oltrevalle rilasciano un comunicato, dichiarando che era loro intenzione rientrare in sede al senato a breve, ma che le nuove disposizioni di sicurezza impediscono a figure politiche di spostarsi per evitare aggressioni, e che prolungheranno quindi la loro permanenza nelle rispettive città di provenienza.

Gli esploratori che sorvegliano il Bosco degli Occhi segnalano un comportamento anomalo dei guardiani: i bulbi fluttuanti, sia rossi che bianchi, specialmente di notte, appaiono e scompaiono continuamente e rapidamente in tutto il bosco, creando giochi di luci e ombre. Gli esploratori hanno trovato il fenomeno stranamente inquietante ed opprimente, e hanno deciso di ritirarsi in una posizione più defilata.

Tra gli avventurieri, chi ha stretto un patto o un contratto con gli Occhi sà bene quando sono iniziati questi strani comportamenti, quando anche il loro sonno è divenuto disturbato e disturbante: appena riescono ad addormentarsi sentono urla strazianti e lamenti, e visioni improvvise dei bulbi oculari che esplodono e si sciolgono ai piedi di Cloto li accompagnano per tutta la notte. Non è raro incontrare diversi avventurieri con pesanti occhiaie e lo sguardo spento.

I giorni passano, quando un improvviso terremoto scuote la terra. Ce ne sono stati di simili in passato, ma era da tempo ormai che non si ripetevano. Poco dopo, molti Hyn, che fino ad ora si sentivano confusi o alterati, iniziano a tornare alla normalità. Il lungo periodo di alterazione però sembra aver causato un cambio di personalità permanente su alcuni di loro.

La notizia del ritorno di Keiros ad Oltrevalle fa improvvisamente render tutti conto del tempo che è passato. Raduna nuovamente gli avventurieri in taverna, per avvisarli che lui e Shantar sono riusciti ad escogitare un piano per fermare Cloto: “Per motivi di sicurezza non potrò parlarvi del piano qui e ora -si guarda intorno- ma vi chiedo di fidarvi di noi, come un padre lo chiederebbe ai suoi figli. Ho bisogno che mi seguiate, vi darò il tempo di prepararvi e di avvisare gli altri. Ci dirigeremo a nord ovest, verso un bosco dove in tempi antichi i primi coloni hanno affrontato e sono stati scacciati dai radicati. Lì ho scoperto la presenza di alcune rovine ancestrali, ci saranno utili. -respira a fondo- Non possiamo permetterci di fallire. Sarà pericoloso, ma se paragonato ad affrontare Cloto senza essere pronti, sarà una passeggiata.”


Epilogo:

La pioggia che ha battuto sulle teste degli avventurieri durante la spedizione è ormai cessata e gli attacchi dei cultisti di Cloto sono sempre meno frequenti, indice che i radicati inviati da Shantar a proteggere l’anello esterno della zona stanno stringendo le fila mentre si avvicinano al portale.

Gli artefici intanto dichiarano completo il Prototipo DAGA n. 23.54.779, si può procedere con la fase finale del piano.

Keiros designa i portatori del Baule nel Regno del Crepuscolo, spiegando che questo si aprirà solo nel momento in cui essi saranno al sicuro, e fornirà le istruzioni sul da farsi. Istruzioni segrete, che per nessun motivo dovevano arrivare alle orecchie e alla vista di Cloto o dei cultisti.

Nelle rovine di quello che un tempo è stato il luogo del sacrificio di Keiros, i sette teurghi presenti, guidati dal Magister Ector, compiono un’invocazione alle divinità per ricevere il consenso ad accedere al crepuscolo. Come garanzia del successo di apertura del portale, Ector sacrifica la sua vita negli ultimi istanti del rito. Gli astanti gli portano onore, alcuni piangono e si disperano, ma lo spirito del teurgo continua ad aleggiare tra loro, mostrando la sua presenza, e varcherà il portale con i suoi amici una volta aperto.

È la volta degli arcanisti, che preparano il rituale, e sfruttando la conformazione delle rovine tracciano il simbolo al suolo e si posizionano al suo interno. Comincia il rituale con al centro un braciere con i sacrifici dei partecipanti. Lo scudo di Azoth è stato usato come punto di contatto con il Regno del Crepuscolo, come già in passato era stato, mentre Vortibrand ha fatto da equilibratore del rituale, richiamando a sé il Koros spurio generatosi. All’accensione del braciere il portale finalmente si apre, creando un passaggio stabile per il luogo destinato alle anime. 

Alcuni avventurieri erano rimasti indietro a fronteggiare i cultisti ed evitare che si avvicinassero al portale, ma lo spettro di Ector riesce ad intervenire, spaventandoli e scacciandoli, permettendo anche a loro il passaggio.

L’ultima cosa che vedranno all’esterno sarà Keiros che si mette in posizione davanti al varco, con duplice funzione: sarà suo compito fare da ancora e mantenerlo aperto, oltre a fare da guardiano delle anime che potrebbero uscire dal portale, grazie alla spada del guardiano ceduta da Trevis Nodus. Al suo fianco appariranno anche i primi radicati inviati dalla Driade Shantar, che si dispongono intorno a lui a protezione. 

Varcato il portale, aperto grazie agli sforzi di tutti i membri della spedizione, il Curatore si occupa di accendere il progetto della DAGA, che permetterà di fornire luce ai radicati a protezione di Keiros anche nelle ore notturne. 

Appena entrati gli avventurieri incontrano quello che all’apparenza sembrava Julius Stevenson, loro vecchio compagno trapassato da tempo. Dopo un primo momento di sorpresa e commozione, l’individuo li accompagna più in profondità, dove altre creature li stavano aspettando. Durante il percorso gli avventurieri hanno esplicitato le loro intenzioni e il Charun ha comunicato che a nessun essere vivente era permesso stare in quel luogo. Dopo un breve scontro e la caduta di alcuni degli avventurieri, che hanno visto la loro anima distaccarsi dal corpo, i restanti, spaventati, sono fuggiti dalla zona portandosi via anche i corpi dei caduti.

Mentre gli avventurieri scappano lungo una strada laterale nascosta dal costone roccioso, le anime dei caduti, ritrovatesi coscienti ma spaesate, ricevono spiegazioni. A parlare è il Charun con sembianze di donna ed i capelli bianchi: “Da parte vostra è stato davvero scortese effettuare un rito in otto e pagare il prezzo di uno. Otto anime come le otto creatrici delle razze. Voi siete il prezzo mancante che doveva essere pagato per il passaggio, l’invocazione fatta dai vostri teurghi è stata accolta. Per ora siete liberi di andare – dice guardando il Charun carceriere –  raggiungete i vostri compagni, ma sappiate che qui non avrete vita facile. Questo luogo non appartiene ai vivi, e le anime non possono vagare liberamente. – punta poi lo sguardo verso la strada presa dagli altri avventurieri – Siete stati bravi con il rito, o non avremmo lasciato andare nemmeno uno di voi, ma la tregua è solo temporanea e non posso garantire che tutti la rispettino, usate a dovere il tempo che vi resta.”

Poi, girandosi verso l’anima di Ector, inasprisce il suo sguardo: “Tu non sei morto in questo regno, e nonostante questo hai avuto l’ardire di attaccare me che sono legata a colei che sancisce la fine, non ti sarà permesso proseguire con loro, dovrai pagare per il tuo affronto. Espiate le tue colpe verrai inviato nel Pallore. Esobok, è tutto tuo – dice facendo un cenno con la testa al Charun punitore – che Loymos guidi la tua spada.”

Il Charun in armatura si lancia sullo spirito di Ector, colpendolo duramente, per poi afferrarlo dal collo e trascinarlo via, sparendo oltre le rocce.

Gli spiriti dei caduti si affrettano a raggiungere i loro compagni ed a raccontare l’accaduto, per poi continuare la loro fuga. Vortibrand guiderà il gruppo, unico a conoscere il Crepuscolo. Spiegherà che la sua conformazione sembra cambiata da quando vi era entrato lui, in quanto il tempo scorre in modo strano e distorto, e sebbene conosca la direzione da prendere per raggiungere un luogo sicuro, non è in grado di predire cosa troverete nel mezzo del percorso.

[Fine parte 1]

[Nota OOC: Nelle prossime settimane verranno pubblicate delle parti aggiuntive dell’epilogo, precedute da alcune scelte che i partecipanti a questo live potranno votare. Sarà un percorso a bivi e l’epilogo proseguirà nella direzione con la maggioranza dei voti. Tale direzione avrà conseguenze in gioco. Questo sostituisce le azioni via mail per questo evento, che pertanto non saranno effettuabili, visto che i vostri personaggi sono nel Crepuscolo.]


Parte 2

Dopo essere scappati dai Charun e ricongiunti con le anime dei compagni, gli avventurieri si trovano in un luogo che sembra identico a quello che hanno lasciato, e solo piccole differenze fanno rendere conto di trovarsi in un mondo con regole diverse. Vortibrand ricorda ai portatori del baule che potrà essere aperto solo in un luogo sicuro. Ha un’idea di dove portarli, ma non è certo della strada da prendere, il crepuscolo muta continuamente e non è facile orientarsi. Alcune cose però restano immutate, e fortunatamente la destinazione scelta è una di esse.

In vari punti gli avventurieri vedono apparire qualche anima dal nulla, probabilmente in corrispondenza di dove sono morte nel mondo materiale. Vengono raggiunte rapidamente da alcuni Charun, che li accolgono dolcemente per accompagnarli nel Pallore. Un’accoglienza decisamente diversa.

La cosa più snervante è lo scorrere del tempo: provando a stimare da quanto tempo si cammina ci si sente confusi e in disaccordo gli uni con gli altri, il tramonto sembra non finire mai. Vortibrand spiega che non sempre è così: in alcuni casi, sembra scorrere normalmente o addirittura accelerare drasticamente. Il suo lungo periodo qui e gli studi effettuati non hanno ancora portato risultati nello spiegare questo fenomeno.

Usciti dalla copertura degli alberi, gli avventurieri compiono l’ultimo sforzo sotto la pioggia battente per raggiungere la costa rocciosa alla loro sinistra. Il vento fischia, portando con sé lamenti lontani e indistinti mentre l’acqua scroscia rumorosa sulla pietra sopra di loro, rendendo difficile distinguere i suoni all’esterno, e gli stivali affondano nel terreno e nel fango.

La prima linea vede un’insenatura dove potersi riposare protetti dal vento, che scende verso il basso per poi allargarsi a formare quasi una grotta, creando un’area asciutta.

La nuda roccia circonda l’area il terreno è duro e aspro, guglie affilate si stagliano nella penombra di un sole che sembra finalmente sparito all’orizzonte.

Il posto non è agevole, ma sembra abbastanza protetto. Senza abbassare la guardia organizzano un campo di fortuna, un timido fuoco viene acceso per riscaldare i presenti, mentre a turno qualcuno fa la guardia. Chi può si stringe nei mantelli, per difendersi dal freddo e dalla paura.

Controllando l’area gli esploratori trovano giacimenti minerari simili a quelli presenti su Ennea. Con le dovute precauzioni vengono estratti dei materiali, ma molti pongono il dubbio se questi siano reali o meno, e se sia possibile portarli nel mondo materiale.

[Al prossimo banchetto i mineralologi avranno dei reagenti in base al loro grado di raccolta.] 

Altri trovano una frattura nella roccia, dentro ci sono dei sacchi con delle provviste. Una serie di domande vengono alla mente. Chi li ha lasciati? Perchè c’è del cibo qui? Sarà commestibile? Qualcuno tornerà a prenderlo? 

Un esame dagli alchimisti decreta che è commestibile, comune carne secca. Decidete di mangiarla per risparmiare le vostre scorte, ed in effetti vi sazia normalmente, senza effetti collaterali.

La notte passa veloce, inquieta per tutti, alcune ombre oltre le pieghe delle rocce si muovono veloci, ma fortunatamente nessuna si avvicina agli avventurieri.

Una timida alba fa capolino, forse giunta alcune ore prima del normale, ma è difficile definirlo. Gli avventurieri riprendono il cammino.


Parte3

L’alba porta con sé un cielo più sereno. Mentre il sole fatica ad alzarsi nel cielo, gli avventurieri riprendono il cammino, circondati da un paesaggio bagnato e avvolto in una luce spettrale, pieno di luccichii e riflessi, che attirano l’attenzione e allarmano, forse immotivatamente, il gruppo.

La strada piega verso est, dove un fiume impetuoso taglia la terra a metà. Impossibilitati ad attraversarlo, seguono il corso del fiume, raggiungendo un lago. Poco prima di quest’ultimo, un pendio permette di osservare meglio la zona: sulla riva opposta c’è un mulino e una strada che si inoltra nella vegetazione; sulla vostra sponda , in riva del lago, dove le acque si placano, una baracca con annesso un vecchio molo cadente e poche barche attraccate; una strada prosegue dalla baracca inoltrandosi nella vegetazione e facendo perdere di vista il punto in cui finisce il lago. Avvicinandosi alla riva l’acqua cristallina e calma mostra sul fondo delle rovine, forse un insediamento che poi è stato sommerso. Guardando meglio, sul fondo basso, si possono scorgere anche dei bagliori luccicanti, forse monete o qualche attrezzo in metallo ancora in buono stato.

Gli avventurieri approfittano per rilassarsi in questo angolo di Crepuscolo che sembra così pacifico. Viene subito analizzata l’acqua: è potabile e non sembrano esserci creature ostili. Le otri vengono riempite e si approfitta a lavare via il fango accumulato il giorno prima.

Mentre qualcuno si lava la faccia inginocchiato sul ciottolame, per un attimo, vede il suo riflesso modificarsi, poi si accorge che una persona la sta osservando da sotto il livello dell’acqua. Sorride, saluta. In fretta e furia esce dall’acqua: “Anche voi qui per cercare di prendere il tesoro?” esordisce. Ora che è visibile a figura intera, vi rendete conto che è un’anima, vestita di tutto punto con abiti di una certa fattura benché bagnati. 

Dopo aver scrutato con attenzione il gruppo che ha davanti, sospira e lancia una proposta: “Volete darmi una mano? Se lo recuperiamo facciamo a metà.” – dice sorridendo. Racconta agli avventurieri che il fondo del lago cela un tesoro, ma non ne conosce l’entità. Parla di oggetti e monete, facendo ampi gesti con le mani per descriverne le dimensioni. Non è molto propenso a dividerlo, ma da solo non riesce a raccoglierlo, e non sa nemmeno più da quanto tempo ci sta provando.

Quando gli vengono poste domande su di lui, spiega che i Charun lo lasciano libero di agire, ma non sa spiegarne il motivo, ma alla fine a lui va bene così. Si presenta come Jacob Ronsell, un uomo d’affari che ha impiegato tutta la sua vita nella ricerca e l’accumulo della ricchezza. Anche qui continua ininterrottamente a cercare di recuperare i tesori sparsi per il crepuscolo, ed ora sembra ossessionato dal recuperare il tesoro del lago. Jacob informa gli avventurieri che all’interno della baracca ci sono alcuni attrezzi che potrebbero essere utili all’occasione, come coppie di remi, cime d’ormeggio, reti da pesca, canne rudimentali e alcuni arpioni.

Fatte le dovute valutazioni, ritengono troppo rischioso fidarsi di uno spirito o di barche scricchiolanti. Rinunciano a cercare il tesoro e proseguono a piedi sulla terra ferma seguendo la riva del lago, inoltrandosi nel sentiero tra gli alberi.

Dopo aver declinato con non troppa delicatezza la proposta di Jacob, gli avventurieri intraprendono il sentiero lungo la sponda del lago. Lo spettro di tutta risposta si rituffa nel lago per proseguire da solo la sua ricerca, senza proferire parola alcuna. Il tempo sembra scorrere normalmente e tutto appare calmo, il cielo sembra diventare più terso nella direzione presa, e un piede dietro l’altro si macina molta strada fino ad arrivare al bosco. 

La vegetazione si presenta rigogliosamente ferma, come se fosse finta, non c’è vita su questi alberi che non sembrano avere fiori o frutti, né tantomeno essere capaci di fornire reagenti officinali a coloro che sono in grado di estrarli. I piedi degli avventurieri poggiano su un terreno solido e secco, non c’è sottobosco, non ci sono foglie cadute, solo qualche sasso qua e là. Sembra quasi che nel bosco il tempo sia fermo, e, nonostante la leggera brezza proveniente dal lago, nemmeno una foglia sembra muoversi. Il sentiero battuto prosegue avvolto nel verde, che diviene sempre più scuro man mano che il bosco si infittisce, impedendo ai raggi solari di passare. Il silenzio è tangibile, interrotto solo di tanto in tanto da qualcuno che ancora cerca di convincere gli altri che non sia la strada giusta, sebbene la maggioranza abbia preso questa decisione.

D’un tratto anche la brezza si ferma e la nebbia sale dal terreno, il gruppo si ferma e pondera di tornare indietro, ma non c’è una direzione chiara, dalla prospettiva di ogni avventuriero la sensazione di spazio è alterata come dalla visione di un drappo dipinto che fa da sfondo che viene mosso contemporaneamente alla loro visuale, non c’è più avanti o dietro. Si prosegue per un po’ seguendo l’istinto, accompagnati adesso dalla sgradevole sensazione di affondare nuovamente nel fango molliccio gli stivali, che, a causa della nebbia, non si vedono neanche. La nebbia è sempre più fitta e sale adesso fino alle cinte dei più. Si cercano i punti di riferimento, ma da che parte era il lago? Gli avventurieri sono ormai immersi fino ai polpacci in una palude fetida che puzza di uova marce. Alcuni di loro sembrano quasi contenti di essere degli spiriti, non dovendo sottostare a puzza e marciume.

Dopo il disgusto iniziale, l’attenzione dei presenti è attirata da lamenti nella nebbia.

Nell’acqua stagnante si intravedono anime disperate e intrappolate, sferzate da Charun dai lineamenti indistinguibili. All’arrivo degli avventurieri questi interrompono improvvisamente il loro operato, voltandosi minacciosamente verso di loro: “Voi non dovreste essere qui! Giuriamo sul nostro compito di Vanth che nessuno di voi passerà oltre.” Caricano rabbiosi, dando inizio ad una feroce battaglia.

Nonostante il morale spezzato dalla situazione e la convinzione di non poter affrontare queste creature con armi convenzionali, gli avventurieri si schierano compatti con gli scudi avanti, le bocche di fuoco e gli arcanisti dietro di essi mentre il resto dei presenti fa il proprio lavoro di supporto coordinato. La palude ostacola i movimenti dei vivi, ma gli spiriti alleati forniscono un grosso supporto, e dopo i primi colpi andati a segno il gruppo trova rinnovato coraggio e la speranza di poterli uccidere. La battaglia prosegue cruenta, e vede gli avventurieri sconfiggere e scacciare i Charun, che svaniscono nella nebbia. Si presta soccorso ai feriti finché non ci si rende conto che i Vanth hanno mietuto ben tre vittime. Lambert De Pois, Samwell Tar e il Giudice Verdetto Oscuro giacciono riversi nel fango, mentre le loro anime prendono forma e coscienza fuori dai propri corpi, che vengono recuperati dalla melma giallastra e portati via insieme agli altri.

Dopo un tempo incalcolabile gli avventurieri finalmente intravedono a stento uno spiraglio nella nebbia, una luce pallida di luna illumina l’uscita. Il gruppo, uscito dalla nebbia, prosegue oltre il confine degli alberi. La notte è giunta, intorno a loro uno scenario sconosciuto, totalmente diverso da ciò che avevano visto dal pendio del lago. Nel cuore di tutti regna la convinzione di essersi persi.


Parte 4

Si prosegue stanchi in una notte che sembra non finire più. La direzione non è definita, ma l’importante è lasciarsi la palude alle spalle. Il terreno è nuovamente asciutto, la palude è lontana, ma la puzza di marcio e decomposizione che si alza dai vestiti dà la sensazione di non averla mai superata.

La stanchezza impone soste sempre più lunghe. Una lattea luna, che sembra finta, illumina i passi, sotto un cielo privo di stelle. Si prosegue verso un orizzonte sbilenco come se il mondo fosse piegato di lato. Una folata di vento gelido si alza improvvisa e fa turbinare davanti agli occhi degli avventurieri corpuscoli bianchi e leggeri. Nevica.

Il freddo diventa pungente in breve tempo e la neve imbianca il terreno, mentre gli stivali la fanno scricchiolare sotto i passi pesanti.

I più attenti sfoderano nuovamente le armi e danno l’allarme puntando un dito in lontananza, fiaccole in avvicinamento.

Nel freddo abbraccio della bufera selvaggia, all’orizzonte si stagliano delle figure avvolte dalle nebbie gelide e dalla furia dei venti. La compagine avanza sempre di più verso gli avventurieri. Le fiaccole tremolanti sono in netta inferiorità numerica, gli avventurieri preparano la formazione e attendono.

Qualcosa si distacca dal gruppo e vola nella direzione degli avventurieri, viene presa la mira per abbattere subito la minaccia, ma qualcosa li fa esitare, è un corvo, che raggiunge il gruppo e sorvola le loro teste.

Il secondo gruppo si avvicina velocemente, quasi sospinto dal vento che trasporta la neve. Il corvo si posa sulla spalla del primo di loro. Sono sette individui avvolti in pellicce e armature di cuoio, a giudicare dalle loro vesti si presume siano Viken.

Il primo, estremamente simile a Vortibrand, ma con altrettante differenze, ha sul suo bastone una grossa pietra grezza vagamente ovoidale con striature ghiacciate sulla superficie

che emana una luce bluastra pulsante. Portandosi davanti agli avventurieri, saluta e si presenta come Østavind “vento dell’est”, Flakkàndi dei Corvi di Ghiaccio, procedendo poi a presentare il resto del suo gruppo: alla sua destra lo scaldo Finnr, la cui presenza irradia un’aura di nobiltà guerriera, la sua barba biondo scura canta l’epica delle battaglie passate con ogni respiro, e lo Huscarlar Sigmundr Blyhode, un ragazzone biondo con gli occhi azzurri e uno spadone poggiato sulla spalla. Poi indica una donna che imbraccia uno scudo, Isøks Dagrúndottir, Bondhi di Dagrúnheim, e accanto a lei la Skògarmadhr Astrid “Snjór blóð”, cacciatrice implacabile dal volto dipinto come un messaggero della morte, avvolta in un’armatura che brilla come il ghiaccio sotto la luce della luna, entrambe del clan dei Lupi d’Ombra. Dietro a chiudere ci sono un omone chiamato Bjornorr Endrrisandi “colui che sorge ancora”, una montagna di muscoli e coraggio del clan degli Orsi Guerrieri e per finire una teurga di Thellos di nome Ragenheir Guðlegt Ljós, con un martello da guerra crepitante di energia.

Il gruppo è in assetto di marcia, e non si mostrano per nulla ostili, nessuno di loro imbraccia le armi, nonostante gli avventurieri siano in formazione da battaglia. Østavind invita gli avventurieri ad avvicinarsi in modo che possano sentirlo meglio, poi estrae da un sacchetto un piccolo pezzo di legno, lo guarda attentamente: da entrambe le parti è vuoto, alza un sopracciglio e lo rimette nel sacchetto.

“Anche voi sperduti in queste lande desolate? Non c’è niente da dove veniamo noi -facendo un cenno alle loro spalle-. Siamo alla ricerca di Eldrfrumsteinr, la pietra del fuoco primordiale, una specie di residuo di creazione che racchiude il fuoco con il quale è stato costruito Ennea. Lóðurr, colui che ci ha incaricati, ci ha detto che se il mondo dovesse finire, l’oggetto che stiamo cercando, unito al nostro -dice guardando la pietra sul bastone-, servirà per ricostruire il mondo.

Non pensavamo di incontrare altri come noi qui. In carne ed ossa. Vi chiediamo scusa per avervi coinvolti nella tormenta che portiamo con noi. La nostra è una missione importantissima e siamo pronti a tutto se dovesse servire a raggiungere lo scopo.”

Mentre il gruppo di Viken spiega le loro intenzioni, dalla tormenta emergono Charun di varia natura: moltissimi Vanth, capitanati da diversi volti familiari, che vi avevano accolti insieme al falso Julius. Siete completamente circondati.

“State interferendo con la natura di questo luogo.” dice la dama dai capelli bianchi. 

“Sono vivi, sono vivi anche quelli!” aggiunge il punitore ringhiando.

“Questa volta non me li lascio scappare.” dice l’emanazione del carceriere.

“Solo l’oblio attende i loro pensieri” conclude l’araldo di Abissys, mentre alza una mano al cielo, pronto a dare il segnale di attacco.

Il corvo si alza in cielo mettendosi al sicuro, i Viken si preparano alla battaglia. Østavind urla: “Combattete al nostro fianco e poi capiremo come poter esserci utili a vicenda.” Gli avventurieri accettano e si schierano con i Viken.
Bjornorr si porta avanti, beve qualcosa e parte in carica falciando tutto quello che gli passa a tiro con il suo martellone, un gruppo di nemici si dissolve sotto i pesantissimi colpi del bestione.
Sigmundur, avvicinandosi ai nemici a passo svelto, con la mano sinistra lancia i coltelli posizionati di traverso sul suo petto, per poi impattare con il suo spadone direttamente sullo scudo del primo Vanth davanti a lui, rompendolo a metà e proseguendo sulle carni spettrali del nemico.
Astrid e Isoks, in formazione serrata, si coprono a vicenda con scudi e asce e rispondono ai colpi in una danza di morte che elimina un altro gruppo di Charun.
La dama dai capelli bianchi avanza circondata dai Vanth che la proteggono, il suo obiettivo è Østavind, che nel contempo ha posizionato il suo cerchio runico e sta eliminando gli avversari in avvicinamento. I due si scontrano a viso aperto: i capelli di lei vengono mossi dal vento sprigionato dal bastone del maestro delle rune, lei lo colpisce con il suo colpo fatale, ma la Runa della Salvezza sul petto del Viken reagisce correttamente, lui risponde scaricandole l’intero potere di una Runa della Freccia, dissolvendo il Charun in una nube di fumo.
Non lontano da loro, Ragenheir tiene testa in duello obbligato al Charun punitore, mentre i più attenti possono finalmente dare un nome a questa tipologia di Charun: è un Esobok, che con tutta la sua resistenza sta contrastando la teurga che lo colpisce dopo averlo messo al tappeto.
Finnr si destreggia posato ed elegante tra i Vanth, mentre li deride deconcentrandoli, per poi mettere a segno colpi precisi.
L’araldo di Abissys, che aveva dato il segnale dell’attacco vedendo gli avventurieri schierati contro, riprende le sembianze di Julius e si lancia in battaglia schernendo coloro che percepisce più sensibili alla visione, sperando di ottenere lo stesso risultato precedente sulla psiche degli avventurieri, soprattutto su alcuni degli avventurieri incorporei.
Gli avventurieri intanto tentennano e continuano a discutere tra loro sul da farsi, ma alcuni di loro decidono di prendere l’iniziativa e lanciarsi contro i Charun. Vedendo i primi scherarsi, la maggior parte li segue, ma diversi avventurieri restano interdetti e inveiscono contro i loro compagni.
Tutti danno il meglio di sé e lo scontro, grazie anche ai momentanei alleati, è vinto dai Viken in brevissimo tempo.
I Charun dissolti però, poco dopo, si materializzano nuovamente pronti allo scontro.
La dama con i capelli bianchi, che sembrava esser stata facilmente eliminata, si avvicina agli avventurieri: “Sciocchi, siamo immortali, potrete anche vincere brevi battaglie, ma la nostra caccia non avrà mai fine. Né voi né loro avete il diritto di essere qui. Avevate una tregua da rispettare, e vi siete rivoltati contro di noi. Il nostro patto è terminato. Godetevi il tempo concesso, torneremo a prendervi presto.” dice puntando il dito verso il gruppo.
L’Esobok annusa la neve in un’area lontana dalla battaglia alla ricerca di qualcosa, ma poi viene richiamato dagli altri, per poi sparire con loro.
Lì dove il Charun stava annusando si avvicina Bjornorr, infila la mano sotto la neve e alza per la cintura Vortibrand scaraventandolo al suolo. “Pavido, mago smidollato, credevo guidassi tu questi prodi, invece ti nascondi dalla battaglia, sei senza onore.”
Il mago, scrollandosi la neve di dosso, guarda in faccia l’omone con la rassegnazione negli occhi di chi ne ha viste tante. “Stupido orso senza cervello, se mi avessero visto o percepito non se ne sarebbero andati, ti ho salvato la vita non facendomi trovare, imbecille.” poi si rivolge a tutti cercando di essere quanto più accomodante possibile: “La vittoria c’è stata, ma ci ha provati duramente. Badiamo ai feriti, poi riprenderemo il viaggio.” I due gruppi si mettono all’opera per aiutare quanto più possibile i feriti, cercando di capire come curare le anime colpite dai Charun, che sentono forti dolori e disorientamento, oltre ad una tremenda stanchezza. A dare una spiegazione su come comportarsi in questi casi ci pensa Ragenheir: “Le anime colpite dai Charun o da altre anime, dopo circa 15 clessidre di stordimento si riprendono normalmente, ma in alternativa possono essere curati o da anime che conoscono le arti curative o l’alchimia oppure mediante i miracoli di guarigione, anche da parte di una persona viva. Io ne ho aiutato uno ieri o quando diavolo era.” Nel frattempo Vortibrand e Østavind si allontanano e parlano in disparte attirando la curiosità dei due gruppi che li osservano da lontano. Il mago del Califfato consegna il ciondolo a forma di scarabeo al maestro delle rune, mentre il corvo di Østavind si posta sulla sua spalla. Si salutano come fossero vecchi amici e ognuno ritorna dai propri compagni.
Østavind: “Grazie di tutto, che Matheon illumini il vostro cammino e che le nostre missioni si compiano per un futuro più radioso. A rivederci forse prima o poi.”
Finnr: “Verranno cantate le gesta di questa battaglia…” viene interrotto da Astrid: “Si, Si, grazie di tutto, bel combattimento, ciao.” Mentre Sigmundur sta ancora recuperando i pugnali che ha lanciato, viene recuperato da Bjornorr con una pacca sulla schiena. I due ragazzoni fanno un cenno con la mano e si avviano. Per ultime vanno via Isøks, che si complimenta con le donne guerriere presenti tra gli avventurieri, e Ragenheir che, spingendo Azoth che mantiene la posizione, chiude: “Vi auguro terreni solidi, mente salda e corpi temprati.”
I due gruppi si separano, mentre Vortibrand, riprendendo il cammino, spiega ai suoi: “Ci concederanno l’utilizzo del loro strumento, ma non possiamo portarlo con noi o sarebbe un faro per i Charun. Ho un piano, fidatevi di me, ne varrà la pena.” Ha smesso di nevicare, e man mano che i due gruppi si allontanano il freddo diminuisce, si prosegue stanchi per questa nottata interminabile.