Vita di Confine

 

PROLOGO

E.D. Mese Gelido, Anno 317

Strade brulicanti di persone, musici e bardi che cantano nelle piazze, piccoli gruppetti che parlano passeggiando serenamente, botteghe e banchetti ricchi di ogni genere di mercanzia, bambini che giocano per le vie…

È questo il volto che città di Verstad vi ha mostrato nel giorno del vostro approdo sul Talsea.

La traversata è stata lunga e sfiancante, alcuni di voi hanno temuto di non farcela ma nel momento stesso in cui il profilo della prima città del Nuovo Continente ha fatto capolino dalla bruma del mattino, ogni dubbio si è dissolto. Il sogno di una nuova vita, rincorso per troppi anni era ormai diventato realtà e l’ultimo passo dalla passerella della nave, il primo sulla banchina di Laatse-Landing, è stato il più leggero della vostra vita: per la prima volta da quando avete memoria, vi siete sentiti liberi di fare ciò che volevate, senza paure o preoccupazioni.

Tuttavia, il prezzo di simili infinite possibilità si è presto dimostrato essere il tintinnio delle monete nelle vostre tasche. In pochi giorni, infatti, vi accorgete che Verstad è sì una città accogliente e piena di porte aperte ma solo per chi può permettersi una buona taverna, pasti caldi e qualche comodità. Non appena la saccoccia inizia ad alleggerirsi e la necessità prende il posto del diletto, le cose cambiano drasticamente.

I calorosi saluti dei Verstadiani si tramutano in tiepidi cenni del capo, le risate divengono sguardi di sufficienza e gli inviti porte sbattute. Tutto contornato da un epiteto, pronunciato in alcuni casi a mezza bocca, in altri con il preciso intento di farsi udire, che imparate rapidamente a odiare: quello di ”Auslanner” cioè di “nuovo arrivato”. Titolo che non solo raggela i rapporti con chi è nativo di Talsea o vive a Verstad da molto tempo, ma che è capace di rendere una possibilità di lavoro un secco invito a cercare altrove.

Quando, poi, i soldi portati da Talinor iniziano a scarseggiare, molti di voi tentano di raggiungere la città di Novaterra ma la situazione è immutata: nessuno dà lavoro a un Auslanner e nessuno pare disposto a offre una mano a chi non si è fatto un nome.

Eppure le voci e i racconti che vi hanno spinto a prendere il mare e ad affrontare un viaggio tanto pericoloso disegnavano un quadro completamente diverso, per non dire opposto: per quanto semplici parole, non potevano essere solo fantasie.

Aggrappati a questo pensiero, con le tasche sempre più vuote, iniziate a controllare puntualmente le bacheche e a visitare le taverne, chiedendo a chiunque dove sia possibile trovare di che vivere o di che sostentarsi anche per un Auslanner. Stranamente, la risposta a questa domanda non tarda mai ad arrivare e, anzi, gli interlocutori che vivono a Talsea già da qualche anno sembrano ben felici di fornirvela: «Non qui». Per i più fortunati tra voi, a queste tre sillabe si aggiunge anche l’indicazione di cercare lungo il confine; dove il pericolo è maggiore e, forse proprio per questo, è più facile farsi apprezzare per il proprio valore e le proprie capacità.

Tra i vari annunci letti o tra le poche parole scambiate con quei Verstadiani e Novaterrini leggermente più affabili, la vostra attenzione ricade su poche ma ben definite possibilità: ai confini della Foresta degli Occhi, in una zona semi disabitata, c’è qualcuno che cerca un aiuto, anche da gente senza esperienza, per pochi spiccioli. Una paga esigua, come specificano alcuni annunci ma che, si legge, “è più di quanto chiunque, in città, sarebbe disposto a pagare un Auslanner ”.

Alcuni di voi si fanno spiegare come raggiungere il luogo, altri mettono insieme poche monete per pagare una guida di nome Juan de la Cosa e altri ancora, ignari dell’offerta, raggiungono il posto in un vagabondare che rischiava di essere infinito.

Ciò che è certo è che il 22 Gelido 317 E.D. i passi di molti giungono alla Taverna del Pozzo.

 

EPILOGO

E.D. 22 Gelido, Anno 317

La sala della Taverna del Pozzo si illumina lentamente: mastro Hugar, il locandiere, inizia ad accendere ceri e lampade ad olio per rischiarare l’ambiente. Gli eventi della giornata l’avevano tenuto tanto occupato da fargli dimenticare la necessità di un fuoco per vincere la notte e di braci ardenti per sconfiggere il freddo.

Mentre l’albergatore e alcuni di voi si spendono per rendere più accogliente un luogo che è stato prima prigione e, successivamente, ha rischiato di saltare letteralmente in aria, altri si attardano nel piazzale antistante la costruzione. Il corpo del goblin che si faceva chiamare re della sua razza giace ancora sul terreno, privato della testa. Un simile trofeo era stato reclamato da un tale Ettore, lo stesso che lo ha reciso dal collo del verdastro essere.

Questa prodezza, tra le altre, sembrava aver grandemente impressionato una donna, fiduciaria del Balivo di Mordirovo. L’umana era giunta ben dopo il tramonto ed era stata notata a malapena, viste anche le poche lanterne possedute dagli Auslanner arrivati sul luogo in quella stessa giornata. Tuttavia la signora aveva richiamato l’attenzione di quanti avevano avuto a che fare con il re dei Goblin e si era congratulata per la loro audacia; infine, aveva aggiunto che simili azioni sarebbero state molto gradite al Balivo. Questi, a detta della donna, avrebbe raggiunto la Fazenda al Garrobo di lì a pochi giorni ed avrebbe ben accolto qualsiasi informazione su un certo monogramma. Lo stesso che era stato trovato in calce alle missive requisite al cadavere decapitato.

Dopo aver detto questo, l’umana era stata ricevuta dal locandiere e non si era più fatta vedere.

Quanto alla vostra sistemazione per la notte, mastro Hugar, in segno di riconoscenza, vi ammette a dormire nella sala grande, accomodandola con qualche coperta e dei pagliericci che, in aggiunta ai vostri mantelli forniscono quasi un giaciglio decente.

Le ore che vi separano dall’alba passano lente e inquiete, sia per la costante sensazione di essere osservati, sia per i continui risvegli mirati a controllare le vostre tasche: eccettuati i vostri più stretti compagni, non è possibile fidarsi di alcuno in quella stanza.

Quest’ultimo pensiero, più di altri, attraversa a turno la mente di tutti voi, Nuovi arrivati su Talsea: in questa nuova terra ognuno è responsabile per se stesso e guadagnarsi una posizione o farsi un nome è tutto, potendo fare la differenza tra morire dissanguati o essere tirati per i capelli a due spanne dal Pallore.

Quando , infine, il canto di un gallo vi scuote dal torpore tanto faticosamente conquistato, molti di voi si rimettono in piedi e guadagnano la porta. L’aria del mattino è pungente ed il cielo è sgombro da nubi. Tra i primi pensieri c’è quello di domandare a qualcuno dove si trovi la Fazenda al Garrobo ma molti scoprono di essere stati preceduti: al locandiere, infatti, è sufficiente uno sguardo per leggere una domanda che non abbandona la vostra bocca. A poco più di quindici clessidre di cammino, un sentiero battuto porta ad una via e questa, prima di notte, dovrebbe portarvi ad un piccolo villaggio. Lì sarà possibile chiedere come raggiungere la Fazenda.

Ringraziato mastro Hugar, ognuno di voi si allontana per la sua strada.